giovedì 18 novembre 2021

GLI SPETTATORI FLÂNEURS SECONDO TAMÁS WALICZKY E GEORGE LEGRADY

Un videogioco può essere considerato il racconto di una esplorazione dello spazio navigabile? E come si configura  lo spazio attraversato dell'utente - esploratore? Un mondo aperto? Un open world? Incolliamo una definizione di questi due termini da Wikipedia: "Con il termine open world (in italiano "mondo aperto") si intende un videogioco in cui il giocatore può muoversi liberamente all'interno di un mondo virtuale; infatti è data ampia libertà al giocatore il quale può scegliere come e quando affrontare obiettivi o dedicarsi alla semplice interazione con l'ambientazione e ciò che la popola". 

Osserviamo per esempio il videogioco multiplayer WORLD OF TANKS , e mettiamolo a confronto con il classico idraulico della Nintendo SUPERMARIO 

Il video gioco inaugura un nuovo modello culturale spaziale, in cui in cui il compito del giocatore è di scoprire l'ALGORITMO progettato dal programmatore, ovvero capire la logica che collega i dati, la sequenza di operazioni che il computer esegue all'interno del DATABASE . Quindi, tornando al tema dell'esplorazione dello spazio: c'è una geometria spaziale da comprendere? una topologia geografica dei luoghi? una logica che collega spazialmente le azioni? E cosa succede se l'utente interrompe le sue azioni? 

Prendendo spunto dai  videogiochi citati, si osservino le caratteristiche dello  spazio navigabile: 
ha tre dimensioni, ma non si può parlare di spazio unificato così come  era il modello di quello prospettico,  é uno spazio aggregato, discontinuo, con stanze, corridoi, porte, incroci, svolte continue. Rifacendosi a Panofsky secondo il quale la prospettiva era non solo una tecnica di visualizzazione, ma piuttosto una forma culturale simbolica, Manovich individua una similitudine tra lo spazio navigabile e quello delle nuove metropoli, fatte di nuclei abitabili e aree di servizi e commerciali, tutti separati da spazi marginali.

Chi abita lo spazio navigabile ? il nuovo Flâneur, il DATA DANDY, secondo il  termine che Geert Lovink mutua da Baudelaire: una persona che si muove in continuazione, cliccando sui diversi oggetti e passando da uno all'altro, inseguendo una traiettoria movimentata tra diversi  volumi di dati a disposizione.È un giocatore proiettato verso l’auto miglioramento, il cui modello per Manovich è un eroe del west che forgia il proprio carattere muovendosi  in uno spazio ostile. 

Waliczky, FOREST, (1993)
The Forest , 1993, di Tamàs Waliczky (Budapest, 1959)  
E’una installazione interattiva, simile a un simulatore di volo,  che offre all’utente la possibilità di scegliere con i suoi gesti un suo percorso in una foresta che tuttavia è infinitamente verticale, formata da un unico albero ripetuto. In questa foresta, l'utente è invitato a rendersi consapevole di "muoversi" in uno spazio frattale infinito. Il suo fermarsi lo mette di fronte a scelte di movimento infinite, in un universo di dati che ne scoprono sempre nuovi. 

Nel video gioco, ma anche nell'esplorazione di un sito web, lo spazio navigabile viene definito dalla traiettoria individuale che la persona (il passeggero) compie attraverso di esso, simile ai non-luoghi postmoderni delle metropoli definiti da  Marc Augé, orientati non sulla permanenza, ma sul transito, come le catene alberghiere, gli edifici dismessi riadattati, i club vacanze, i campi di rifugiati, i supermercati, gli aeroporti, le autostrade.
L'abitante di questi spazi è  il cliente, il nuovo Flâneur  il cui sguardo (secondo la teoria dello shopping di Anne Friedberg in Window Shopping, cinema e postmoderno) è lo sguardo virtuale di chi si orienta continuamente tra vetrine – oggetti del suo desiderio, proprio come accadeva al  Flâneur  descritto da Baudelaire.
George Legrady, Transitional spaces, 1999
                      
Transitional Spaces, 1999 al quartiere generale della Siemens di Monaco, opera di George Legrady (nato a Budapest 1950 ed emigrato a Montreal) 
Una installazione multimediale in cui l'artista ha creato nel 1999 una serie di proiezioni che si attivavano mediante il movimento fisico degli spettatori. Questi  ultimi potevano controllare il comportamento di tre diverse proiezioni mediante  la loro posizione, il timing e il loro numero. Essi influenzavano così  la sequenza e i tempi della proiezione, determinando stati transizionali dello spazio delle video-proiezioni: da confuso a nitido, da vuoto a pieno, da buio a luce, da sfocato a fuoco. 
Per continuare il lavoro sull'esplorazione degli spazi, in questo caso urbani, si rimanda ai post sui seguenti artisti in questo blog: 
Robin Hewlett & Ben Kinsley


 

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