martedì 5 dicembre 2023

EVA E FRANCO MATTES in codice a 8 bit

Quando si scrive su una tastiera, i tasti che si premono e che appaiono a schermo, vengono tradotti dal computer (anche se non si vede) nelle sequenze binarie corrispondenti a ciascun carattere. In particolare ogni carattere che si digita sulla tastiera viene convertito in un codice ASCII di 8 bit ovvero, un byte.

https://0100101110101101.org/  questo è il nome, nel linguaggio del sistema binario, che si sono dati Eva e Franco Mattes, duo di artisti italiani che vivono tra Milano e New York e che con i loro lavori di net art  tradiscono, deviano, creano contorsioni ai diversi elementi della comunicazione digitale, operando una forte critica sociale al mondo dell’informazione. 


Mediante uno tra i primi progetti del duo, DARKO MAVER,  del 1998-99, realizzato in collaborazione con il collettivo Luther Blisset, hanno inventato la storia para-mediatica della vita di un fake artista, di nome appunto Darko Maver, nato in Serbia e morto nel 1999. Carceri e gallerie d’arte frequentati da questo artista inventato, accusati di diventare  luoghi di falsificazione e mercificazione della vita, diventavano oggetto della rivisitazione e invenzione critica del duo e del collettivo, definendo un impianto politicamente critico nei confronti del sistema dell’arte, della giustizia e dell'informazione mediatica. 

Tra il 1991 e il 2001, in occasione della frammentazione violenta della ex Jugoslavia, le guerre balcaniche avevano invaso in modo massiccio i media internazionali  – anche grazie all’avvento del web - mediante una gestione spettacolare della violenza che manipolava la coscienza collettiva toccando le sensazioni ed emozioni degli utenti pubblico: l’odio, il raccapriccio, il disgusto e l’orrore diventavano disponibili on demand solo attraverso un click e inauguravano lo spettacolo digitale gratuito delle atrocità che avrebbe trionfato di lì a poco con la tragedia delle Torri gemelle e degli sgozzamenti terroristici.  Si legga qui il testo che accompagnava l'opera nel 2000.  L'artista, di cui gli ideatori hanno perfino inscenato e fotografato nella loro casa la finta morte, dichiarando che era avvenuta in un presunto carcere del Kosovo, era riuscito ad ottenere visibilità nelle istituzioni. L'operazione mediatica costruita dal duo mirava ad essere quindi una denuncia dell’inconsistenza e dell’aspetto fondamentalmente mediatico dell’arte e dei suoi prodotti nell'era post modernista di internet: le opere realizzate da Maver, tanto decantate dai fake -media,  non erano altro, infatti, che immagini di guerre e stupri scaricate da internet. 

La caratteristica principale di Eva e Franco Mattes consiste nel lavorare in zone liminali, precluse, vietate: la loro diventa una ricerca nel vero senso della parola, una indagine dove non si dovrebbe indagare.  Hanno realizzato, per la 7a edizione di Performa nel 2007, tre reenactement di performance degli anni '70 su Second Life.  L'opera  README (Code of Chris Burden’s Shoot), è una stampa della programmazione in codice con cui hanno progettato il movimento dei due loro avatar per il reenactment di Shoot  Chris Burden’s in ambiente Second Life. I codici  erano "aim.bvh” and “shoot.bvh”, ovvero i file erano estensioni bvh,  formato di file multipiattaforma Blender per memorizzare i dati di motion capture dei personaggi 3D in un'animazione 3D. Lo story board dell'azione è convertito in un codice, l'azione chiede di essere letta in un linguaggio per noi incomprensibile. 

Questi codici non sono fini  a sé stessi, ma possono essere utilizzati per replicare ulteriormente (anche da altre persone) la performance su Second Life oppure su un'altra piattaforma. Stampata su 7,30 metri di carta da stampa ripiegata, in 20 copie firmate e numerate, l'opera  è stata commissionata da Performa, organizzazione fondata da Roselee Goldberg e dedicata alla performance art.  Come non pensare ai fogli stampati di Vera Molnar, ungherese trapiantata in Francia dal 1947, artista pioniera dell’arte generativa, per la quale, partire dal 1968, il computer è un dispositivo centrale nella realizzazione dell'opera artistica,  con cui ha indagato le infinite variazioni di forme e linee geometriche. Il codice per l'artista diventa non uno strumento, ma medium attraverso il quale l’artista rinuncia al controllo del lavoro, affidandosi a un insieme di procedure che muovono la penna del plotter e creano un disegno. Quando il codice viene trasformato in questa uscita analogica che è la stampa, esso  rivela immagini e suoni che l’artista non ha immaginato.

A Walk in Fukushima, 2015

è un video di circa 7 minuti che esplora Don't Follow the Wind, una mostra che si è svolta all'interno della Zona rossa di Fukushima, - l'area radioattiva evacuata intorno alla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi - di proprietà della TEPCO - istituita in seguito al disastro nucleare del marzo 2011: era una zona che di fatto separava i residenti dalle loro case, dalla terra e dalla comunità. Nel 2015 il duo era stato invitato a partecipare a una mostra internazionale d'arte che avrebbe inaugurato  l'11 marzo 2015 nella Zona chiusa al pubblico di Fukushima. L'invito consisteva inizialmente in una visita a Fukushima.  "Cosa può fare l'arte di fronte a una contaminazione?" Questa è la domanda-sfida che li ha spinti ad accettare l'invito proposto dal gruppo Chim↑Pom. 12 erano gli artsiti che partecipavano al progetto: Ai Weiwei, Aiko Miyanaga, Chim↑Pom, Grand Guignol Mirai, Nikolaus Hirsch and Jorge Otero-Pailos, Kota Takeuchi, Eva and Franco Mattes, Meiro Koizumi, Nobuaki Takekawa, Ahmet Öğüt, Trevor Paglen and Taryn Simon, tutti hanno realizzato nuovi lavori installati in edifici inutilizzati e case  prestate da coloro che prima del terremoto vi erano residenti.


La mostra è stata inaugurata l'11 marzo 2015, ma era inaccessibile, e dunque restava invisibile, e tale sarebbe rimasta per un periodo di tempo imprecisato. Eva e Franco Mattes hanno presentato un loro progetto per questa mostra che è stao esposto nel 2016 al Creative Capital Retreat. Il progetto era intitolato Fukushima Texture Pack. Hanno fotografato centinaia di superfici all'interno della Zona, tra cui pavimenti, tatami, pareti, sporcizia, erba, marciapiedi, scrivanie e armadi, poi hanno trasformato ogni foto in una texture digitale senza soluzione di continuità, che può essere liberamente scaricata e utilizzata senza restrizioni di copyright, come punto di partenza per nuovi lavori. Nell'agosto 2022, dopo più di dieci anni dal terremoto, la zona è stata riaperta al pubblico, in base alla decisione del governo che il tasso di dose nell'aria era diventato inferiore a 3,8 microsievert all'ora, le infrastrutture sono state ripristinate e si sono tenute consultazioni con i residenti locali, pertanto anche la mostra è stata resa disponibile al pubblico. La sede della mostra Don't Follow the Wind è stata aperta al pubblico nel 2022.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.