martedì 3 dicembre 2024

ARKADI ZAIDES E DUE NUVOLE DEL NOSTRO TEMPO

A conclusione del suo spettacolo-conferenza THE CLOUD, tenuto a Roma in prima nazionale il 21 novembre 2024 nello Spazio Rossellini,  il coreografo e artista bielorusso Arkadi Zaides ha incontrato il pubblico e, all’inizio della conversazione, ha raccontato di essere stato guidato, nella concezione e realizzazione di questo suo ultimo lavoro, dalla lettura di uno tra i testi più complessi degli ultimi dieci anni, Iperoggetti, di Timothy Morton ( Nero edizioni, 2018).  Il pensiero che sottende l’intero saggio dello scrittore londinese è l’O.O.O., Object Oriented Ontology, definito dall' autore come un movimento di pensiero filosofico secondo il quale esistono Iperoggetti, ovvero cose reali, il cui aspetto è vischioso, perturbante, fluido, minaccioso. Per farsi meglio comprendere l’autore ricorre all’esempio del disastro ambientale dello sversamento di petrolio da parte delle Deepwater Horizon nel Golfo del Messico e a quello dello specchio del film Matrix che, mentre rispecchia la mano di Neo, la assorbe e si liquefa:sono in sostanza due situazioni, avvenimenti, che modificano la percezione delle cose e producono conseguenze destabilizzanti.   

Matrix, la mano di Neo affonda nello specchio liquido
Facendo spesso riferimento alla fisica delle particelle e alla teoria dei quanti, Timothy Morton individua approcci sistemici alle proprietà di diversi fenomeni (come quelli atmosferici macroscopici) di cui  è possibile l'osservazione non nella loro unicità spazio temporale, ma come aspetti locali di una realtà più vasta e soprattutto diffusa nel tempo e nello spazio: l’evoluzione è un iperoggetto, così come lo sono il riscaldamento globale, il cancro, il petrolio, i modi in cui i materiali radioattivi e i fossili si manifestano nei corpi e nella terra e via dicendo. In sostanza sono iperoggetti quei fenomeni che non sono localizzati o locali, ma attraversano in un tempo indefinito, senza inizio nè fine, l'ambiente e la storia dell'umanità e dell'intero sistema terrestre da essa abitato.     L’immagine più adeguata, ma al tempo stesso più esteticamente pregnante descritta da Morton per descrivere tale sistema è quella del chiodo piantato in un muro dove i batteri hanno depositato ferro nella crosta terrestre sotto forma di solidi strati di minerali, che gli dà da pensare pensare alla vita nel 1500 e che lo riporta continuamente al problema del riscaldamento globale. 

Salvador Dalí, La persistenza della memoria (1931)

Capace di sorvolare la storia del mondo in un volo fluido e continuo nel tempo, il filosofo pensa al clima come a un oggetto non circoscritto nel tempo, ma piuttosto multidimensionale: immagina l’impronta dei dinosauri, ma anche i fossili dei grattacieli: oggetti che non esistono nel tempo e nello spazio, ma che sono in grado di emettere lo spaziotempo. Nella sua epistemologia che si concentra sul fluire del soggetto e del tempo e sul tale figura nella prospettiva storica del sistema capitalistico,   Morton mostra diversi esempi tratti da lavori di artisti, tra cui il calzante Manufactured Landscapes del fotografo del fotografo e artista visivo canadese Edward Burtynsky in cui si vede un piano sequenza che segue lo scorrere del lavoro in una immensa fabbrica cinese.  

Gli Iperoggetti sono inaccessibili, si ritraggono a qualsiasi tentativo di accedervi, tuttavia se ne possono vedere i segni,  rintracciare le occorrenze nelle nostre vite, così anche l'artista bielorusso Arkadi Zaides ne mostra quelli che per lui rappresentano le manifestazioni di due Iperoggetti del nostro tempo che, nel loro fluire,  hanno attraversato la sua esistenza.  Racconta infatti di essersi concentrato sulla forma della nuvola, anzi di due nuvole, elementi fluidi e inconsistenti e al tempo stesso perturbanti: la nube radioattiva della catastrofe di Chernobil e quella dell’intelligenza artificiale. Attraverso una Ai che, opportunamente allenata,  gli consente di narrare e di fare scorrere insieme diverse storie legate al disastro del nucleare e non solo, Arkadi Zaides percorre a ritroso il suo cammino fatto da bambino con la madre quando emigrò in Israele nel 1990 dalla sua città natale, Gomel, situata in Bielorussia, ad un centinaio di chilometri dall’area di Chernobil, dove nel 1986 è avvenuto il più importante disastro nucleare.  Questo percorso lo porta a indagare sulla propria vita e su quella del suo migliore amico delle scuole elementari, di sua madre, di suo padre morto di cancro, e di tanti che hanno vissuto con lui la catastrofe e le sue conseguenze,  come i cosiddetti Liquidatori, seicentomila persone che hanno decontaminato la zona proibita del reattore esploso. Il fulcro dello spettacolo consiste in questa domanda:  è possibile contenere la radiazione invisibile all’interno dei corpi che essa ha attraversato, impedirne o contenerne la diffusione nel terreno, verso gli altri corpi di esseri viventi e negli ambienti circostanti? La storia ci risponde che no, non è possibile, e non siamo in grado di verificare ciò che è portato dal vento come una nuvola, non siamo in grado di stabilire quanto la nube radioattiva di Chernobil abbia potuto viaggiare esattamente né dove si siano depositati e dove saranno ancora diffusi i materiali radioattiva che essa ha trasportato nel suo volo inarrestabile nello spazio e nel tempo.  Il racconto drammatico di Arkadi Zaides viene tradotto da un lettore vocale di intelligenza artificiale in una scrittura proiettata su due grandi schermi con una velocità che insegue senza interruzioni le parole dette dall'attore e le riproduce senza che comprenderne il senso, senza punteggiature, rendendo pressoché incomprensibile  ciò che l’artista dice: i dati prodotti dall’Ai scorrono inaccessibili come la nube nucleare dei Chernobil, come le informazioni sulle sorti dei Liquidatori che seguono nelle proiezioni di filmati d’epoca: uomini coperti di pesanti tute protettive  con maschere antigas, immortalati mentre  ritirano le loro medaglie, i loro premi governativi per il difficile lavoro svolto. A fare da contraltare ai filmati restano, alla fine, due giovani, che si guardano e si vanno incontro, senza mai incontrarsi. Uno di loro è vestito con una tuta simile a quelle indossate nei filmati dai Liquidatori e ha una maschera antigas.  Forse sono le controfigure di due uomini che sono stati molto amici da bambini, lo stesso Arkadi Zaides e il suo amico Genadi, di cui l'artista ha narrato in breve la storia: "Da quando te ne sei andato niente è stato più come prima" gli ha scritto l'amico. La catastrofe ambientale di Chernobil ha attraversato e distrutto le loro vite come quelle di migliaia di altre persone, eppure la nube radioattiva  è stata un fenomeno di per sè invisibile e tutt'ora i suoi documenti sono inaccessibili. Forse del Covid, tra una cinquantina di anni, si potrà dire la stessa cosa?

Lo spettacolo The Cloud è stato presentato nell'ambito di Corpi in ascolto, un progetto di Orbita /Spellbound Centro nazionale di produzione della danza . 

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